L’articolo 1, comma 59, della Legge 28 dicembre 2015 n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (Legge di Stabilità 2016), entrato in vigore il 1° gennaio 2016, ha sostituito l’articolo 13 della Legge 9 dicembre 1998 n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili ad uso abitativo).
Il nuovo articolo 13 della Legge 431/1998, prevede per il locatore l’obbligo di registrare il contratto di locazione entro 30 giorni, a pena di nullità.
Il locatore deve, poi, dare “documentata comunicazione” della citata registrazione, nei successivi 60 giorni, sia al conduttore che all’amministratore del condominio, anche ai fini degli obblighi di tenuta dell’anagrafe condominiale, prevista dall’articolo 1130, numero 6), Codice civile.

Registrazione contratti di locazione
I contratti di locazione e di affitto di beni immobili (qualunque sia l’ammontare del canone pattuito) sono soggetti a registrazione secondo quanto disposto dal D.P.R. n. 131/1986, con modalità:
• telematica (modalità obbligatoria per gli agenti immobiliari e i possessori di almeno 10 immobili) direttamente o tramite un intermediario abilitato;
• “cartacea”, presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate.
L’unica eccezione a tale regola è rappresentata dai contratti di locazione di durata inferiore a 30 giorni nel corso dell’anno (tipicamente contratti turistici), per i quali non c’è obbligo di registrazione.

Fino al 2015, inoltre, la registrazione poteva essere effettuata, oltre che dal proprietario dell’immobile e dal mediatore del contratto, anche dall’inquilino stesso.

Legge di Stabilità 2016
La Legge di Stabilità 2016 propone, sotto il profilo giuridico, la riscrittura dell’art. 13 della Legge 9 dicembre 1998, n. 431, che contiene la disciplina dettata per le locazioni abitative.
In particolare la Legge di Stabilità 2016, dal 2016 prevede che:
• la registrazione del contratto di locazione deve essere effettuata dal locatore entro il termine perentorio di 30 giorni;
• il locatore deve dare “documentata comunicazione” della citata registrazione, nei successivi 60 giorni, sia al conduttore che all’amministratore del condominio, anche ai fini degli obblighi di tenuta dell’anagrafe condominiale, prevista dall’articolo 1130, numero 6), Codice civile.
Si noti che dalla lettura del disposto normativo sembrerebbe che il conduttore non possa più provvedere anche se “parte interessata” alla registrazione del contratto di locazione.

Nullità del contratto
Il “nuovo” art. 13 dispone, inoltre, i seguenti principi:
• sono da considerarsi nulli i patti tra locatore e conduttore che prevedano un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato; in caso di nullità il conduttore può, entro 6 mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, chiedere la restituzione delle somme versate in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato;
• sono altresì nulli i patti volti a derogare ai limiti di durata del contratto stabiliti dalla legge.

Per quanto attiene alla nullità dei patti di contenuto contrario a norme imperative, pare non vi sia nulla di nuovo rispetto al testo precedentemente in vigore: si tratta, invero, di un principio che il Legislatore ha “cristallizzato” nella riforma del 1998, ma che trae le proprie origini nella normativa sull’equo canone.
Già nella versione dell’art. 13 della Legge n. 431/1998 vigente fino al 31 dicembre 2015, infatti, si ritenevano nulli:
• qualsiasi patto o clausola attraverso i quali veniva determinato un canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto, scritto e registrato;
• i patti o le clausole contenenti una deroga ai limiti di durata del contratto stabiliti dall’art. 2 della medesima Legge n. 431/1998;
• relativamente ai contratti rientranti nel canale “assistito” o “concordato”, i patti e le clausole con le quali viene attribuito al locatore un canone superiore a quello massimo previsto dagli accordi stabiliti in sede locale, per gli immobili aventi le stesse caratteristiche ed appartenenti alle medesime tipologie;
• per i contratti rientranti nel canale “libero”, qualsiasi obbligo del conduttore ed ogni clausola o altro vantaggio, sia economico sia normativo, finalizzati ad attribuire al locatore un canone superiore a quello stabilito a livello contrattuale. Al riguardo, si pensi, ad esempio, alle clausole che impongono a carico del conduttore l’obbligo di sopportare gli oneri di manutenzione straordinaria dell’immobile.
Azioni da parte del conduttore
La norma entrata in vigore il 1° gennaio 2016 prevede – come anticipato – che in caso di nullità dei patti diretti ad aumentare la misura del canone rispetto a quella indicata nel contratto, il conduttore possa, entro 6 mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, chiedere la restituzione delle somme versate in misura superiore. Anche sotto questo profilo, peraltro, non si ravvisano novità rispetto al regime previgente.
Ne consegue che il giudice adito, accertata l’esistenza di un contratto di locazione, determinerà l’ammontare del canone dovuto, che non potrà mai superare quello definito ai sensi dell’art. 2, comma 3, della Legge n. 431/1998 oppure – qualora il conduttore abiti stabilmente l’immobile per motivi di studio – la misura fissata secondo le modalità di cui all’art. 5, commi 2 e 3, della medesima Legge.
La precedente formulazione del comma 6 dell’art. 13 della Legge n. 431/1998 ammetteva la possibilità per il conduttore di chiedere al giudice che la locazione venisse ricondotta entro i limiti previsti dalla legge anche nell’ipotesi in cui il locatore “ha preteso l’instaurazione di un rapporto di locazione di fatto”: tale possibilità, ora, è prevista indistintamente per le ipotesi in cui il locatore “non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto” entro il prescritto termine di 30 giorni.
Canone dovuto in caso di mancata registrazione
Come noto, il D.Lgs. n. 23/2011, all’articolo 3, commi 8 e 9 aveva introdotto un particolare regime sanzionatorio applicabile ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo:
 “8. Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina:
a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d’ufficio;
b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all’articolo 2, comma 1, della citata legge n. 431 del 1998;
c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l’adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell’aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai.

Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti. 9. Le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ed al comma 8 del presente articolo si applicano anche ai casi in cui:
a) nel contratto di locazione registrato sia stato indicato un importo inferiore a quello effettivo;
b) sia stato registrato un contratto di comodato fittizio”.
In pratica, era previsto che nel caso in cui fosse stata accertata l’omessa registrazione del contratto di locazione di un immobile ad uso abitativo, a decorrere dalla data di registrazione dello stesso, volontaria o d’ufficio:
• la durata della locazione era stabilita in quattro anni;
• per il rinnovo del contratto si applicava quanto disposto dall’art. 2, comma 1, Legge n. 431/1998 (rinnovo automatico per altri quattro anni in mancanza di espressa rinuncia entro 6 mesi dalla scadenza, ecc.);
• il canone annuo era stabilito in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l’adeguamento, dal secondo anno, in base al 75% dell’aumento dell’indice ISTAT (salvo che il canone stabilito dal contratto fosse addirittura inferiore).
La Corte Costituzionale, con Sentenza 14 marzo 2014, n. 50, accogliendo le richieste formulate da alcuni Tribunali, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del regime sanzionatorio sopra citato. Successivamente, tuttavia:
• l’art. 5, comma 1-ter, D.L. n. 47/2014, ha disposto che le previsioni di cui all’art. 3, commi 8 e 9, D.Lgs. n. 23/2011 sono “fatte salve” fino al 31 dicembre 2015;
• con Sentenza 16 luglio 2015, n. 169, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima anche tale disposizione, in quanto è fatto divieto al Legislatore di emanare un nuovo atto diretto soltanto a prolungare nel tempo, anche in via indiretta, l’efficacia di norme già dichiarate illegittime.

A seguito della conferma dell’illegittimità costituzionale del citato regime sanzionatorio, da più parti era stato evidenziato come i proprietari “denunciati” ora avessero la possibilità di richiedere agli inquilini il pagamento dei canoni dovuti dal 7 aprile 2011 in misura superiore a quella che era stata disposta normativamente.
Per evitare l’insorgere di dette problematiche, la Legge di Stabilità 2016 interviene nuovamente sulla questione in esame stabilendo l’ammontare del canone dovuto dai conduttori in applicazione del regime sanzionatorio di cui all’articolo 3, commi 8 e 9, D.Lgs. n. 23/2011.
In particolare, è espressamente previsto che i conduttori che hanno versato, nel periodo compreso tra:
• il 7 aprile 2011 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 23/2011);
• il 16 luglio 2015 (data del deposito della Sentenza n. 119/2015);
il canone annuo di locazione nella misura rideterminata normativamente (triplo della rendita catastale con adeguamento, dal secondo anno, in base al 75% dell’indice ISTAT), sono tenuti a corrispondere il citato canone (o l’indennità di occupazione maturata, su base annua) con riferimento al periodo considerato, nella misura del triplo della rendita catastale dell’immobile.